di Antonio Teseo
A Manoppello, una vecchia tradizione vuole che il Volto Santo sia il velo con cui un personaggio di nome Veronica - identificata nei vangeli apocrifi degli Atti di Pilato con l'emorroissa guarita da Gesù (Mt 9, 20-22; Mc 5, 25-34; Lc 8, 43-48) - ha asciugato il Volto del Redentore durante la Sua salita al Calvario. L'episodio, non narrato nei vangeli canonici, dal XV secolo è anche inserito nella VI stazione della Via Crucis per rappresentare la pietà popolare che medita proprio sulle sofferenze patite da Gesù. Al di là della sua rappresentazione, si pensa comunque che sia stata soprattutto una fonte del 325 circa, dello storico Eusebio di Cesarea, a convincere la Chiesa Cattolica ad includere la figura di Veronica per gli esercizi spirituali. Da come leggeremo nello scritto riportato qui sotto, alcune antiche memorie tramandate a voce attesterebbero persino la provenienza dell'emorroissa.
Dalla "Storia ecclesiastica" VII, 18:
«Poiché ho menzionato Cesarea Filippi (cioè Panea) non mi sembra conveniente di passare sotto silenzio una storia degna della memoria della posteriorità. L’emorroissa, che come si sa dai vangeli fu dal Salvatore guarita dal suo morbo, si dice fosse oriunda di questa città. Qui è ancora additata la sua casa e un meraviglioso monumento a ricordo del beneficio ricevuto dal Salvatore. Sopra un grande masso, davanti alla casa che fu l’abitazione dell’emorroissa, si erge la statua in bronzo di una donna che piega il ginocchio ed ha le mani protese nell’atteggiamento della persona che supplica. Di fronte a lei, c’è un’altra statua bronzea raffigurante un uomo in piedi, avvolto in uno splendido mantello, che stende la mano alla donna. Si dice che questa statua ritragga Gesù. E' rimasta fino ai nostri giorni. L’abbiamo vista con gli stessi nostri occhi durante il nostro soggiorno in quella città».
Come ho accennato sopra, la leggenda della Veronica che asciuga il Volto di Gesù ha inizio solo nel XV sec. ma la sua iconografia è già stata raffigurata per la prima volta su un testo biblico del 1300 tradotto in francese da Roger d'Argenteuil: la pietà della pia donna per le sofferenze del Redentore è solo un motivo immaginario. Tuttavia da questo momento in poi, molti miniaturisti biblici si serviranno di questa icona e così pian piano intorno ad essa si dà luogo ad una credenza popolare. Proprio nel 1300, papa Bonifacio VIII indice il primo Giubileo e per i pellegrini che arrivano a Roma è il sudario di Cristo chiamato Veronica la più importante Merabilia Urbis da andare per primo a venerare (Dante, XXXI canto del Paradiso):
Qual è colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l'antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
`Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?';
Ma perché questa unica definizione di "Veronica" sarebbe servita per indicare sia il sudario ritenuto di Cristo (che come abbiamo visto si conosceva ancor prima della leggenda) sia l'emorroissa che si credeva avesse asciugato con un sudario il Volto di Gesù?
Per dare un'esatta risposta a questa domanda c'è bisogno di collegare alcuni fatti.
Nel 1199, il pellegrino Gervasio di Tilbury racconta che il nome Veronica, riferito al S.S. Sudario che si conosce a Roma, derivi dalla voce coniata con la parola latina "vera" e con la parola greca "eikon" = Vera Icona, Vera Immagine di Gesù. Mentre tornando indietro nel tempo, e cioè nel 400, Macario Magnesiaco, vescovo di Lidia, scrive che l’emorroissa di cui ha parlato Eusebio di Cesarea si chiamasse Berenike (Apocritikos I, 6, 1-8) nome macedone da cui deriva proprio la denominazione Veronica in latino.
Ora, il termine Berenike etimologicamente deriva dal greco antico Ferenice "Φερενίκη" che significa portatrice di vittoria. E il Sacro Mandylion di Edessa, che secondo una tradizione è stato rinvenuto nel VI secolo in una nicchia sopra una delle porte della città di Edessa (Turchia) è considerato proprio una reliquia portatrice di vittoria dagli eserciti bizantini, tant'è che viene portato come stendardo per le battaglie.
La parola Mandylion in siriaco significa fazzoletto, sudario. E questa reliquia è già citata negli Atti di Taddeo, che è un vangelo apocrifo scritto proprio nella città di Edessa nel III secolo in siriaco (lingua di allora) ma andato perduto. Con la ricomparsa del reperto sacro nella città (lo stesso certamente era stato nascosto qualche secolo prima per essere preservato dalle persecuzioni dei romani contro i cristiani), allorquando nell'impero è ormai in vigore la legge a favore della libertà di culto voluta da Costantino nel IV secolo, si ripropone allora all'attenzione una copia degli Atti di Taddeo ritradotto in greco e adattata nella Dottrina di Addai, proprio nel VI secolo, per riparlare della reliquia che reca i segni lasciati da Cristo (la prima traduzione era stata realizzata da Eusebio di Cesarea tra il 310 e il 325). Per descrivere il Mandylion, nella nuova versione viene usato anche il termine greco tetradiplon, il che ci fa pensare che originariamente il reperto sacro fosse in realtà un involto formato da un lungo lenzuolo, ripiegato quattro volte doppio, con sopra il sudario.
Questa tesi è avvalorata da una fonte storica risalente alla metà del X secolo "Codex Vossianus Latinus Q 69". Nella lettera, mandata da Gesù al re Abgar riportata nell'apocrifo degli Atti di Taddeo, è scritto: "Se davvero vuoi vedere il mio aspetto, ti invio questo tessuto (involto) sul quale sarai in grado di vedere non solo il mio volto, ma il mio corpo divinamente trasformato". Anche in due miniature del Codex Skylitzes del tardo XI secolo, il sudario e il lenzuolo sono raffigurati insieme.
Dal rinvenimento del Sacro Mandylion in poi, ha così inizio la raffigurazione canonica del Volto Santo di Gesù da esso attinta.
Sopra, il re Abgar che riceve il Mandylion (icona del X secolo, nel Monastero di Santa Caterina nel Monte Sinai). Osservando la mano sinistra del sovrano, che regge l'involto, si scopre un lato del lenzuolo ripiegato; un po' più a destra della sua mano, la sindone è coperta dal sudario il quale è raffigurato con delle frange pendenti
A sinistra, icona del Pantokrator con il Volto che è stato attinto dal S. Mandylion (moneta d'oro del Solidus fatta coniare dall'imperatore Michele III nel IX secolo); a destra, il Volto Santo di Manoppello. Le freccette rosse, la bocca semiaperta e la croce che ho fatto passare sui due volti attestano sei punti di congruenza; la guancia che vediamo a sinistra, e che dunque è quella destra del Signore, è più gonfia dell'altra per una percossa che Gesù ricevette dai suoi aguzzini durante la Passione.
Quindi la definizione "Veronica", la quale un tempo era riferita all'emorroissa guarita da Gesù ma che come abbiamo visto aveva il significato di "portatrice di vittoria" e l'omonimo relazionabile al Sudarium Christi che in definitiva significava "Acheropita", associati insieme facevano intendere che nel mondo esisteva una importantissima reliquia del Salvatore che una volta si chiamava Mandylion e un'altra volta Veronica. Il reperto sacro, che come ho dimostrato con i miei studi è quasi certo che si tratti del Volto Santo di Manoppello, non è dunque il prodotto di una leggenda, bensì è un sudario sepolcrale e regale di finissimo bisso.
Il Sacro Mandylion esposto sulle mura della città di Edessa con l'esercito bizantino di Giustiniano I che respinge l'assedio dei Sasanidi guidati da Cosroe I. Questa storia ci è stata tramandata da Evagrio Scolastico, storico bizantino. Per descrivere l'immagine, Evagrio usa le parole Theoteuktos Eikon, che significa immagine fatta da Dio (Vera Icona).
Sotto, il sudario sepolcrale di bisso di Manoppello sovrapposto al lenzuolo tombale della S. Sindone di Torino (elaborazioni di immagini ricavate in 3D al computer da Antonio Teseo).
Dal rinvenimento del Sacro Mandylion in poi, ha così inizio la raffigurazione canonica del Volto Santo di Gesù da esso attinta.
Sopra, il re Abgar che riceve il Mandylion (icona del X secolo, nel Monastero di Santa Caterina nel Monte Sinai). Osservando la mano sinistra del sovrano, che regge l'involto, si scopre un lato del lenzuolo ripiegato; un po' più a destra della sua mano, la sindone è coperta dal sudario il quale è raffigurato con delle frange pendenti
A sinistra, icona del Pantokrator con il Volto che è stato attinto dal S. Mandylion (moneta d'oro del Solidus fatta coniare dall'imperatore Michele III nel IX secolo); a destra, il Volto Santo di Manoppello. Le freccette rosse, la bocca semiaperta e la croce che ho fatto passare sui due volti attestano sei punti di congruenza; la guancia che vediamo a sinistra, e che dunque è quella destra del Signore, è più gonfia dell'altra per una percossa che Gesù ricevette dai suoi aguzzini durante la Passione.
Quindi la definizione "Veronica", la quale un tempo era riferita all'emorroissa guarita da Gesù ma che come abbiamo visto aveva il significato di "portatrice di vittoria" e l'omonimo relazionabile al Sudarium Christi che in definitiva significava "Acheropita", associati insieme facevano intendere che nel mondo esisteva una importantissima reliquia del Salvatore che una volta si chiamava Mandylion e un'altra volta Veronica. Il reperto sacro, che come ho dimostrato con i miei studi è quasi certo che si tratti del Volto Santo di Manoppello, non è dunque il prodotto di una leggenda, bensì è un sudario sepolcrale e regale di finissimo bisso.
Il Sacro Mandylion esposto sulle mura della città di Edessa con l'esercito bizantino di Giustiniano I che respinge l'assedio dei Sasanidi guidati da Cosroe I. Questa storia ci è stata tramandata da Evagrio Scolastico, storico bizantino. Per descrivere l'immagine, Evagrio usa le parole Theoteuktos Eikon, che significa immagine fatta da Dio (Vera Icona).
Sotto, il sudario sepolcrale di bisso di Manoppello sovrapposto al lenzuolo tombale della S. Sindone di Torino (elaborazioni di immagini ricavate in 3D al computer da Antonio Teseo).
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