Dalla Tomba di Cristo all’Abruzzo: Storia, Ipotesi e Testimonianze
A cura di Antonio Teseo – Studioso del Volto Santo di Manoppello e della Sindone di Torino
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1. La Veronica come sudario sepolcrale e l’origine orientale
Secondo l’ipotesi ricostruttiva qui presentata, il Volto Santo di Manoppello corrisponderebbe al sudario menzionato nel sepolcro di Cristo (Gv 20,7), successivamente custodito dagli apostoli e affidato a Maria, la Madre del Signore.
Un'antica versione georgiana del Transitus Mariae (VI secolo), cioè del racconto del trapasso della Madonna, attesta:
> «Dopo l'Ascensione [di suo Figlio], la Vergine Immacolata conservava l'immagine ricevuta dalle mani di Dio, formata sul sudario. La portava sempre con sé, per venerare il volto meraviglioso di suo Figlio. Ogni volta che desiderava pregare, poneva l'immagine verso oriente e pregava fissandola, a mani aperte. Quando il compimento della sua vita terrena fu prossimo, gli apostoli la trasportarono su una barella in una caverna, dove fu posta di fronte all'immagine del suo Figlio.»
Dalla Palestina, la reliquia sarebbe stata portata a Efeso, poi ad Antiochia, e infine nascosta a Camulia, in Cappadocia, durante le persecuzioni anticristiane.
Il sudario è identificabile con il Mandilio di Camulia, immagine acheropita (non fatta da mano umana) citata nel Sinassario attribuito a Gregorio di Nissa (392), nei testi di Teofilatto Simocatta e nei poemi imperiali dell’epoca di Eraclio.
392 – Il Sinassario narra il ritrovamento della reliquia a Camulia sotto l'imperatore Teodosio I.
VII secolo – Una fonte attribuita al poeta di corte dell'imperatore Eraclio descrive così l'immagine sacra associata al sovrano:
"...la figura divino-umana, che non è stata delineata da mani, ma che è stata formata dalla Parola che tutto forma e crea, senza alcuna circoscrizione, come si realizza la gravidanza senza seme. Fidandosi dell'archetipo che Dio stesso ha disegnato, egli (Eraclio) cominciò le battaglie."
Anche lo storico Teofilatto Simocatta fa riferimento alla cosiddetta immagine di Camulia, definendola:
"L'immagine del Dio incarnato", quindi emanata.
"Si dice, dall'antichità e fino a oggi, che sia stata creata dall'arte divina, che non l'abbiano prodotta mani di tessitore né l'abbia colorata la pasta di un pittore."
Sotto Giustino II (565–578), il Mandilio fu trasferito a Costantinopoli, divenendo palladio imperiale, usato anche durante le campagne militari.
Durante il regno di Giustiniano I, la reliquia fu portata in processione attraverso diverse chiese dell’Impero, con l’intento di rafforzare la fede e la coesione spirituale dei soldati.
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2. Dall’Impero Bizantino a Roma
Nel 636-637, in seguito alla sconfitta dell’imperatore Eraclio nelle battaglie di Yarmuk e Gerusalemme, la reliquia fu catturata dai musulmani come bottino di guerra. Tuttavia, il patriarca Sofronio riuscì a riscattarla dal califfo ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb.
La Camuliana perduta: silenzio, disfatta e propaganda nella corte di Eraclio (636–637)
La presente indagine esplora l'enigmatica scomparsa dell'immagine acheropita nota come Camuliana dopo la disfatta bizantina contro gli arabi nel 636–637. Attraverso l'analisi delle fonti primarie greche, latine e delle testimonianze indirette, si ipotizza che la perdita della reliquia sia stata volutamente occultata dalla propaganda ufficiale, quale gesto di autodifesa retorica e teologica in risposta a una crisi di legittimità imperiale e religiosa.
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La Camuliana, immagine miracolosa di Cristo non fatta da mano d'uomo (acheropita), fu al centro della devozione imperiale nel VII secolo. Tuttavia, a partire dalla disfatta di Yarmuk e dalla caduta di Gerusalemme (636–637), le fonti tacciono improvvisamente sulla reliquia.
Il silenzio delle fonti
Dopo il 637, la Camuliana sparisce dalle cronache. Né Teofane il Confessore né le raccolte agiografiche successive la menzionano più. Giorgio di Pisidia, che in precedenza cantava le imprese di Eraclio, tace sul disastro arabo. Non si tratta di lacune casuali: il silenzio è sistematico. Questa reticenza può essere intesa come una damnatio memoriae religiosa, volta a proteggere l'integrità dell'immaginario sacro dell'impero.
Ipotesi di occultamento
L’ipotesi più plausibile è che la Camuliana sia stata catturata durante una delle campagne siriache o perduta nella ritirata. In ogni caso, la sua scomparsa costituiva una ferita teologica: se la reliquia miracolosa era autentica, come spiegare il suo fallimento? La corte di Eraclio, che aveva fatto della vittoria una narrazione provvidenziale, non poteva permettersi una simile contraddizione.
🕊️ La resa del patriarca Sofronio ai musulmani
Sofronio accettò la resa solo in presenza diretta del califfo, rifiutando di trattare con comandanti intermedi. L'accordo comprendeva:
Il pagamento della jizya, il tributo previsto per i non musulmani;
Garanzie di libertà religiosa e tutela delle chiese, delle croci e delle reliquie cristiane, secondo il cosiddetto Patto di ʿUmar.
Testimonianza del vescovo Arculfo
Nel 670, il monaco franco Arculfo, in pellegrinaggio a Gerusalemme, vide nel Santo Sepolcro un’immagine del volto di Cristo. Il suo racconto fu trascritto da Adamnano, abate dell’isola di Iona, nel trattato De locis sanctis. La versione tramandata da Beda il Venerabile (VII–VIII secolo), De locis sanctis, libro III, capitolo 4:
> Testo latino:
“Sudarium quoque, quod fuit super caput Domini in sepulchro positum, ibidem vidit Arculfus in ecclesia, inter reliquias repositum...”
> Traduzione italiana: “Arculfo vide anche il sudario che era stato posto sul capo del Signore nel sepolcro, conservato là nella chiesa tra le reliquie. Era di lino bianco, di misura media, e su di esso si scorgeva la forma del volto del nostro Signore Salvatore, formata in modo mirabile e con arte ineffabile.”
"Arte ineffabile"
Il termine indica un’esperienza spirituale o una manifestazione che supera ogni spiegazione razionale e linguistica. Deriva dal latino ineffabilis ("non dicibile") e richiama l’ineffabilità del mistero divino.
Beda il Venerabile e la traccia occidentale
Nel De locis sanctis (Lib. III, c. 4), Beda il Venerabile introduce un dettaglio assente in Adomnano: il sudario sepolcrale conservato a Gerusalemme mostrava l'immagine del volto di Cristo "mira atque ineffabili arte formatam." Questo passo, scritto dopo il 700, potrebbe riflettere una sopravvivenza indiretta della Camuliana trasferita in Palestina o confusa con il Mandylion. È possibile che la reliquia, caduta in mano araba, sia stata restituita o collocata nel Santo Sepolcro come segno di resa onorata, come ipotizzato in alcune ricostruzioni moderne.
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Nel 689, l’imperatore Giustiniano II recuperò la reliquia e fece coniare un solidus d’oro con l’effigie di Cristo benedicente, ispirata all’immagine acheropita.
Il califfo fu costretto a firmare una pace che prevedeva la cessione di Armenia, Iberia e Atropatene, oltre al pagamento di tributi annuali con monete recanti l’immagine di Cristo.
Confronti iconografici
L’effigie del solidus divenne modello iconografico per l’arte bizantina e latina. Ecco alcuni esempi significativi:
Cristo Pantocratore del Sinai (VI sec., Monastero di Santa Caterina): sguardo penetrante, simmetria ieratica, barba corta – elementi presenti anche nel Volto Santo.
Cristo Pantocratore di Cefalù (XII sec.): mosaico bizantino che riprende frontalità e proporzioni simili. Velo della Veronica (XIV sec.): sebbene più tardo, si ispira a un archetipo anteriore, compatibile con il Volto di Manoppello.
Nel 705, al suo ritorno al potere, Giustiniano II fu deposto e il patriarca Callinico, esiliato a Roma, portò con sé la reliquia. Essa fu donata a Papa Giovanni VII, che costruì una cappella in San Pietro dedicata alla Madonna parturientis e alla “Veronica” (vera icona).
La figura di Santa Veronica nacque come “velo personificato”, probabilmente per occultare l’origine orientale dell’immagine. E come si leggerà più avanti, a tal proposito si decise anche di ritagliare la stoffa del reperto sacro.
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3. La Veronica a Roma, la sparizione e Manoppello
Durante il periodo iconoclasta, la reliquia fu nascosta nella cappella papale di San Lorenzo in Laterano. La sua presenza è documentata nella Tabula Magna Lateranensis.
Tra il X e l’XI secolo fu trasferita a San Pietro, dove venne esposta durante i Giubilei, come testimoniato da Dante Alighieri nel Paradiso (Canto XXXI), in occasione del Giubileo del 1300.
Il culto della Veronica e l’azione di Innocenzo III
Nel 1208, Innocenzo III guidò una solenne processione con la reliquia, concedendo indulgenze a chi la venerava. L’immagine divenne oggetto di grande devozione. Papa Giovanni XXII scrisse l’inno Salve, Sancta Facies, che recita:
> "...Quel color celeste
che in te splende (perché arriva dal cielo)
rimane immutato,
né il tempo lo scolora.
Ti fece il Re della gloria,
che non può fallire..."
Cesare Baronio
Nel VI volume degli Annales Ecclesiastici, il cardinale Baronio sostiene che:
Il sudario citato in Gv 20,7 e il velo detto “Veronica” erano lo stesso oggetto, non due distinti;
Egli ne avrebbe trovato prova in un antico libellum d’archivio;
La reliquia venerata a San Pietro era il vero sudario funerario del volto di Cristo.
La scomparsa nel 1527 e l’arrivo a Manoppello
Durante il Sacco di Roma, la reliquia scomparve. Secondo un’ipotesi, il conte Ascanio Colonna la sottrasse ai Lanzichenecchi e la portò nel suo feudo a Manoppello.
Secondo Padre Donato da Bomba, la reliquia giunse lì già nel 1506, ma la data potrebbe essere stata retrodatata per eludere l’editto di Urbano VIII:
1629 – Urbano VIII ordina la consegna al Vaticano di tutte le immagini del Volto di Cristo, pena scomunica.
1638 – Donato Antonio de Fabritiis dona la reliquia ai Cappuccini di Manoppello. Nessuna autorità ne rivendica la proprietà.
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Conclusione: una reliquia acheropita, sopravvissuta nei secoli
Tragitto ipotetico del Volto Santo: Sepolcro → Efeso → Antiochia → Camulia → Costantinopoli → Roma → Scomparsa (1527) → Riapparizione a Manoppello
La tradizione iconografica sostiene che il sudario fosse realizzato in bisso di lino ritorto, identificabile con il tallīt, il manto rituale ebraico. Questo è evocato anche nel racconto evangelico della Trasfigurazione:
> “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17, 1-2)
In controluce, la reliquia appare "candida come la luce", compatibile con la descrizione evangelica.
Il vescovo Arculfo descrive un sudario di bisso lungo circa 2,5 metri. Quando arrivò a Manoppello, secondo Donato da Bomba, misurava 1x1 metro, perchè fu ritagliata dopo la sua traslazione avvenuta a Roma.
Nel XVII secolo, un cappuccino ne avrebbe ritagliato la porzione centrale, riducendola alle attuali dimensioni: 17x24 cm.
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Altre fonti storiche rilevanti
Teofane (758–818) – Continuatore della cronaca di Giorgio Sincello: “Nessuna mano ha dipinto quest’immagine; la Parola creativa l’ha generata.”
Matteo di Giovanni (XV sec.) – La Veronica è definita “non dipinta da mano umana”.
Anonimo Vaticano (fine ‘400) – Afferma che la Veronica era custodita in una capsula d’oro dietro l’altare maggiore.