Comparazione scientifica in immagini
Nell'immagine a destra della S. Sindone si può osservare, dentro il cerchietto da me evidenziato, una macchiolina ematica seguita a sinistra da un filo di sangue.
Dalla sovrapposizione della figura sindonica al Volto Santo di Manoppello ottenuta con un rafforzamento di contrasto e il cui risultato è mostrato nella prima immagine, si comprende che il filo ematico di cui ho parlato si era andato a depositare in linea, o meglio, ad infiltrare, sotto la parte alta del bordo di una piega presente nel sudario della reliquia abruzzese.
Cliccare con il mouse sulle immagini per vederle ingrandite (lavoro eseguito da Antonio Teseo).
La scienza non è in grado di capire come si sia formata la figura sulla S. Sindone.
Lo spessore della sua colorazione è pari ad un quinto di millesimo di millimetro e quindi riguarda solo la parte più superficiale delle fibrille dei fili del lino. Al momento si è stabilito che su una stoffa di puro lino solo un irraggiamento di luce nell'ultravioletto - con impulsi laser più brevi di 50 miliardesimi di secondi - può determinare una colorazione simil-sindonica. Dunque è quasi certo che all'origine della formazione dell'immagine della reliquia piemontese ci sia stato un lampo di luce, il quale avrebbe provocato anche la degradazione chimica alla cellulosa di ogni filo che è stata accertata scientificamente (Lc. 17, 24).
Considerando che l'immagine del Volto Santo di Manoppello è un ologramma (irriproducibile dalla scienza perché l'aspetto cambia diapositivamente a seconda dell'illuminazione e dell'angolo visuale in almeno tre modi differenti fino a svanire del tutto se esposto controluce) è allora d'obbligo credere che anche per la formazione della figura che vediamo in questa reliquia si fossero verificate delle irradiazioni nell'ultravioletto proiettate simultanea-mente su entrambe le facce del velo.
Le immagini olografiche nel Volto Santo di Manoppello
Gli sciettici, non potendosi aggrappare a nessun'altra ipotesi di spiegazione sulla natura dell'immagine sindonica, per screditare questa reliquia tirano sempre fuori dallo scrigno un antico memoriale scritto nel 1389 dall'allora vescovo della diocesi di Troyes (Francia), Pierre d'Arcis.
In questa esposizione è riportato che il predecessore del prelato, Enrico di Poitier, aveva condotto delle indagini sulla S. Sindone arrivando alla conclusione di denunciarne la non autenticità come reliquia di Cristo, perché sarebbe stato a conoscenza dell'artefice della sua realizzazione. Tuttavia, da come abbiamo modo di leggere nel memoriale da me riportato sotto, questo vescovo non solo non ha fatto il nome e il cognome del presunto artista, ma addirittura non ci ha rivelato neppure dell'esistenza del sudario del Volto Santo di Manoppello, la cui figura, come ho dimostrato indicando molteplici particolari rintracciabili solo con il computer, è la stessa del Volto di Gesù che vediamo nel lenzuolo di Torino. L'unica eccezione è che su quest'ultimo reperto l'aspetto risulta essere solo macchiato del sangue della Passione e perciò lo si può tranquillamente ritenere come un' immagine indefinita.
Allora, proprio per il fatto che in questo memoriale non sia stato menzionato un sudario strettamente rapportabile alla sindone (la cui rappresentazione doveva essere stata eseguita dallo stesso artigiano autore di quella che vediamo impressa sul lenzuolo di Torino e che per interesse della santa madre Chiesa questa persona ne avrebbe dovuto necessariamente confessare l'esistenza) abbiamo la massima certezza che la denuncia esternata al papa da monsignor Pierre d'Arcis contro l'autenticità della S. Sindone era solo una pura e semplice fandonia.
A mio avviso, il vescovo si era inventato questo stratagemma, perché allora la S. Sindone non si contemplava più in raccoglimento con la preghiera, ma su di essa si era invece creato una sorta di fanatismo così smodato che la Chiesa non era più in grado di controllare.
Antonio Teseo
Ferita sul labbro di Gesù. Cliccare con il mouse sulle immagini per vederle ingrandite.
Pieghe del sudario del Volto Santo di Manoppello, contraddistinte dai punti d'incrocio, raffigurate nell'immagine della S. Sindone di Torino. Cliccare con il mouse sulle immagini per vederle ingrandite.
Medaglione-ricordo raffigurante la S. Sindone rinvenuto nella Senna nel 1855 presso Pount-au-Change (Parigi, museo di Cluny).
Memoriale del vescovo Pierre d'Arcis del 1389.
«Eccomi a baciare devotamente i vostri santi piedi con la prontezza della dovuta servitù.
Santissimo padre, le questioni più importanti, per le quali viene messa in pericolo la salvezza delle anime e che le gerarchie inferiori non possono risolvere a causa dell’intervento di persone potenti, devono essere riportate alla Santa Sede Apostolica, la quale sistemerà tutto con un provvido intervento, a lode di dio e per la salvezza dei sudditi.
Perciò faccio giungere a vostra conoscenza un certo fatto pericoloso e dannoso come esempio, accaduto da poco nella diocesi di Troyes, richiedendo di essere aiutato rapidamente dalla provvidenza di Vostra Santità, che non cessa un solo momento di vigilare al benessere dei sudditi e di rimediare ai pericoli per essi, a lode di dio, onore della chiesa e salvezza dei sudditi.
Santo Padre, da poco nella diocesi di Troyes, il decano della chiesa collegiata di Lirey, coscientemente e malvagiamente, mosso dal fuoco dell’avarizia e della cupidigia, non per devozione ma per interesse, si è procurato per la sua chiesa un panno dipinto con un artificio, nel quale in modo ingegnoso era dipinta l’immagine doppia di un uomo, cioè sia dalla parte anteriore sia dalla parte posteriore, asserendo falsamente e facendo finta di credere che quello fosse proprio il sudario nel quale il nostro salvatore Gesù Cristo era stato avvolto nel sepolcro e sul quale era rimasta impressa l’effigie intera del Salvatore, con le ferite che aveva riportato. Questo fatto fu divulgato non solo per il regno di Francia, ma quasi per tutto il mondo, a tal punto che accorrevano lì folle da tutte le parti del mondo. Per imbrogliare le folle ed estorcer loro denaro in modo ingegnoso, facevano finta, mentendo, che lì avvenissero miracoli ad alcuni uomini, che erano stati assoldati a pagamento, i quali fingevano di essere guariti durante l’ostensione del Sudario, che tutti credevano il Sudario del Signore.
Informato di ciò, il defunto Enrico di Poitier, di buona memoria, allora vescovo di Troyes, persuaso e spinto da molte persone sagge, si premurò di investigare con sollecitudine sulla verità di questo fatto, come era suo dovere per il potere di vescovo ordinario. Molti teologi e altre sagge persone asserivano che quello, che recava l’immagine del Salvatore, in realtà non poteva essere il Sudario del Signore, dato che di questa immagine impressa il santo vangelo non faceva nessuna menzione, mentre invece, se fosse stato vero, non è verisimile che il fatto sarebbe stato taciuto e omesso dai santi evangelisti e non è verisimile che esso sia stato nascosto e ignorato fino ad oggi.
Infine, procedendo con diligenza nel prendere informazioni, finalmente scoprì la frode e in che modo quel panno era stato dipinto tramite un artificio, e fu comprovato, anche per mezzo dell’artigiano che l’aveva dipinto, che era opera di un uomo e non miracolosamente prodotto o pervenuto. Perciò, dopo essersi consigliato a lungo con molte persone sagge, sia teologi sia giurisperiti, decise che non doveva e non poteva tralasciare questo fatto o far finta di nulla e iniziò a procedere d’autorità contro il decano e i suoi complici, per estirpare l’errore. Costoro, vedendo scoperta la loro malizia, nascosero e fecero sparire il panno in modo tale che non poté essere trovato dal vescovo ordinario. In seguito lo tennero costantemente nascosto per 34 anni circa, fino a quest’anno.
E adesso, con una deliberata azione fraudolenta, a fine di lucro, il moderno decano di quella chiesa, secondo quanto si dice, ha indotto il signor Goffredo di Charny, cavaliere, signore del luogo, a darsi da fare perché quel panno fosse ricollocato nella chiesa, in modo che, ricominciando i pellegrinaggi, la chiesa si arricchisse con i loro proventi. Il cavaliere, su richiesta del decano che voleva imitare le orme del suo predecessore, si recò dal signor cardinale de Thury, nunzio e legato di Vostra Santità nelle parti di Francia. Gli tacque che in precedenza veniva asserito che il panno fosse il vero Sudario del Salvatore e che aveva impressa l’effigie del Salvatore, e che il vescovo ordinario aveva proceduto d’autorità per questo fatto, con l’intento di estirpare l’errore da esso derivante, e che per paura del vescovo ordinario il panno era stato fatto sparire, portato addirittura fuori dalla diocesi, come corre voce. Riferì invece al signor cardinale che il panno era una raffigurazione del Sudario, alla quale molti convenivano per devozione, che in un certo periodo era stato tenuto con molta venerazione e visitato con la massima devozione, ma a causa delle guerre nel regno e per altri motivi, per ordine del vescovo ordinario, era stato collocato in un luogo più sicuro per conservarlo. Supplicava che gli fosse consentito mettere nella chiesa questa raffigurazione del Sudario, a cui molti tenevano per devozione e desideravano vedere, affinché si potesse mostrare al popolo e i fedeli la potessero venerare.
Il signor cardinale non acconsentì in tutto alla supplica, probabilmente agendo con prudenza per scelta deliberata, e, per mezzo dell’autorità apostolica, concesse al supplice che potesse collocare la raffigurazione del Sudario del Signore nella chiesa o altrove in un luogo dignitoso, anche senza aver chiesto il permesso del vescovo ordinario o di altra autorità.
Con la scusa di questa lettera il panno fu esibito al popolo di frequente nelle solennità e nelle feste e in altri momenti, col massimo della solennità, anche maggiore di quella che si usa quando si fa l’ostensione del corpo del nostro signore Gesù Cristo, con due sacerdoti in vesti bianche con stole e manipoli, con la massima deferenza, con torce accese, in un luogo sopraelevato, costruito appositamente per questo scopo. Sebbene in pubblico non si dica che questo è il vero Sudario di Cristo, tuttavia di nascosto si dice e si predica e così viene creduto da molti, anche perché in un altro periodo, come abbiamo già detto, si diceva essere il vero Sudario di Cristo. Ora per un certo modo di esprimersi che ha preso piede in quella chiesa, non si chiama ‘Sudario’ ma ‘Santuario’ e così è riportato alle orecchie del popolo che non è in grado di capire la differenza. Lì confluisce una gran moltitudine ogni volta che viene fatta un’ostensione o quando s’aspetta che si faccia, nell’errata convinzione che sia il vero Sudario. Corre fama tra il popolo che sia stato approvato dalla Sede Apostolica, per il tramite del detto cardinale.
In seguito, Santissimo Padre, vedendo che si ripeteva un tale scandalo nel popolo e l’errore cresceva con pericolo per la salvezza delle anime, vedendo che il decano della chiesa non si atteneva ai termini della lettera del signor cardinale, la quale peraltro era stata ottenuta tacendo la verità e affermando il falso, come ho già riferito, volendo provvedere secondo le mie forze ai pericoli per la salvezza delle anime e per estirpare dal gregge che mi è stato affidato un errore così detestabile, dopo essermi consigliato su questo punto con molte persone sagge, ho proibito al decano, sotto pena di scomunica di mostrare quel panno al popolo fino a che su questo punto non fosse presa una qualche decisione. Ma egli non obbedì e ricorse in appello, continuando come prima con le ostensioni.
Lo stesso cavaliere difendeva questo comportamento e in un giorno di festa, tenendo il panno con le proprie mani lo mostrò pubblicamente al popolo, col modo di procedere solenne che ho già riferito, dato che era riuscito a far sequestrare e farsi mettere in possesso del panno, a nome del re, col diritto di esibirlo, e mi aveva fatto notificare questo sequestro. In conclusione, facendosi scudo sia dell’appello sia di questo sequestro, l’errore continua e si aggrava, a disonore della chiesa, scandalo del popolo e pericolo per le anime.
Dato quanto ho premesso, a vergogna del mio predecessore, che aveva agito d’autorità in questo fatto, e mia, che desidero rimediare con le misure necessarie, non sono in grado di metterci rimedio e il fatto disgraziatamente va avanti.
Quelli che sono coinvolti in questa faccenda fanno spargere la voce che io ho intentato la mia azione per invidia e per cupidigia e avarizia, al fine di mettere le mani sul panno, colpa che in precedenza era stata addebitata al mio predecessore. Però altri affermano che io procedo nella questione in modo troppo tiepido e ciò significa tollerare la derisione.
Sebbene, con un’umile richiesta, io avessi pregato il cavaliere [di Charny] di soprassedere alle ostensioni del panno, nell’attesa che Vostra Santità fosse consultata e decidesse, egli non si diede pena di farlo. Poi fece inviare una relazione alla Vostra Santità esponendo le medesime cose che al signor cardinale. Dato che egli rifiutava di ottemperare alla lettera del signor cardinale e non aveva riguardi per l’appello, io continuavo con le proibizioni e le scomuniche contro coloro che esponevano il panno e contro le popolazioni che si recavano in quel luogo per venerare il panno. Ma, fatto salvo il rispetto per chi esponeva, nel procedere, come detto, contro chi faceva le ostensioni e contro chi venerava quel panno, mai ho cercato di andare contro la lettera del signor cardinale, anche se era stata ottenuta con l’inganno. Infatti in quella lettera il cardinale non aveva affatto dato il permesso che il panno si potesse mostrare al popolo o anche venerarlo, ma soltanto che potesse essere collocato nella chiesa o altrove in luogo dignitoso. Poiché non si attenevano alla concessione del cardinale, per questo motivo ho proceduto contro di loro secondo il diritto ordinario, dopo essermi abbondantemente consultato, come è mio compito, al fine di eliminare tale scandalo ed errore, convinto che sarei stato gravemente colpevole di connivenza se avessi lasciato correre tali fatti sotto i miei occhi.
Così, stando attento agli sviluppi della situazione, sempre appoggiandomi al consiglio dei saggi, sono ricorso per necessità all’aiuto del braccio secolare, considerando anche che era stato proprio il cavaliere a mettere la causa in mano del potere secolare, riuscendo a far sequestrare e farsi mettere in possesso del panno col diritto di esporlo al popolo, a nome del re, il che mi sembra piuttosto assurdo. Perciò ho tentato di far mettere il panno in mano del re, tenendo ben presente sempre uno scopo, cioè di portare alla conoscenza di Vostra Santità il racconto dei fatti e che nel frattempo si sospendessero le dette ostensioni. Infatti ho ottenuto questo con facilità e senza difficoltà, quando tutta la curia del parlamento reale è stata debitamente informata del superstizioso ritrovamento di tale Sudario e dell’errore e scandalo che ne derivava. Si meravigliarono tutti, dopo aver conosciuto i fatti, perché io in questo procedimento sono ostacolato dalla chiesa, la quale dovrebbe decisamente aiutarmi e anche punirmi debitamente se in questa faccenda fossi negligente o remissivo.
Però il cavaliere mi ha preceduto ed ha riferito quelle falsità che prima sono state dette, riuscendo a ottenere una lettera da Vostra Santità, con la quale si conferma la lettera del signor cardinale e si concede al cavaliere che, nonostante le proibizioni e gli appelli, gli sia consentito esporre il panno al popolo e farlo venerare dai fedeli, imponendo a me silenzio perpetuo, come mi dicono, dato che non ho potuto avere una copia di quella lettera.
Però a me è ordinato nei canoni di non tollerare che qualcuno sia raggirato per interesse con finzioni e documenti falsi. Così, certo che [la lettera pontificia] è stata ottenuta per mezzo di dichiarazioni false e tacendo la verità e che in un altro momento non sarebbe stata ottenuta senza che io fossi convocato e ascoltato, dato che si deve partire dal presupposto che io non mi sono dedicato a impedire questa faccenda e ad arrecare turbamento a qualcuno nell’esercizio di una devozione discreta e bene ordinata senza un valido motivo, confido fermamente che la Vostra Santità tollererà con animo ben disposto se resisto a questa ostensione, dopo aver saputo ciò che ho prima riferito, fino a che potrò ottenere un’altra disposizione da Vostra Santità, quando sarà debitamente informata del fatto.
Degnatevi quindi, Santissimo Padre, che la Vostra Santità diriga l’attenzione della sua considerazione a quanto su riferito e provveda su questi fatti in modo che tale errore e scandalo e superstizione, detestabile sia nella forma sia nel contenuto, sia estirpata radicalmente dalla provvidenza di Vostra Santità, cosicché quel panno non sia esibito al popolo e non sia venerato, né come Sudario né come Santuario né come raffigurazione del Sudario del Signore, dato che il Sudario del Signore non era fatto così, né in nessun altro modo o nome che si possa trovare, e invece sia condannato pubblicamente in quanto segno di una superstizione riprovevole, revocando le lettere ottenute con l’inganno, che siano dichiarate di nessun valore, in modo che gli emuli dei persecutori della chiesa e gli invidiosi detrattori non possano parlare in modo irriverente contro il governo della chiesa, poiché si trova rimedio pronto e salutare, sia nel foro secolare sia in quello ecclesiastico, contro gli scandali e gli errori.
Io fin da adesso mi dichiaro pronto a dare informazioni in modo adeguato su quanto da me scritto sopra, sia per la pubblica fama sia in altra maniera; e mi sarei presentato di persona per porgere le mie scuse e per scaricarmi la coscienza su questa questione, che mi sta molto a cuore, e per presentare la mia lamentela di persona nel modo dovuto alla presenza di Vostra Santità, se la salute fisica me lo avesse consentito, ritenendo di non poter esprimere a sufficienza nello scritto la gravità dello scandalo, la vergogna per la chiesa e la giurisdizione ecclesiastica e il pericolo per la salvezza delle anime. Così faccio quello che posso, in modo da meritarmi di essere scusato prima di tutto presso dio, lasciando il resto alle decisioni di Vostra Santità, che l’Onnipotente si degni di conservare a lungo e felicemente dato che è utile e necessaria al governo della chiesa».
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