La flagellazione
Marco,15,15:
Pilato, perciò, volendo dare soddisfazione alla folla, rilasciò loro Barabba e consegnò Gesù perché, dopo averlo flagellato, fosse crocifisso.
Dopo che Gesù è condannato alla crocifissione, viene denudato nel pretorio, legato ad un palo di circa ottanta centimetri e flagellato atrocemente da due aguzzini: essi sono posti ai lati e usano per il supplizio il così chiamato “flagrum” formato da un manico in legno al quale sono fissate delle strisce di cuoio di diversa lunghezza e che hanno, ognuna alla propria estremità, due piccole sfere di piombo legate; appena il primo aguzzino colpisce violentemente o la schiena, o i fianchi, oppure le gambe, subito risponde l’altro e viceversa ; se i primi colpi feriscono solo la pelle, gli altri man mano lacerano la carne.
Il corpo di Gesù è ora ridotto in una massa gonfia, informe, insanguinata (per la legge dei giudei la flagellazione prevedeva al massimo 40 frustate, ma trattandosi di una condanna romana le frustate non avevano limitazioni) e perciò a Gesù sono state inferte circa 120 frustate: è questo il numero delle lesioni rintracciate sui lineamenti del corpo sindonico.
Sabana Santa de Turin
Toltegli le vesti, gli gettarono addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, la posero sulla sua testa con una canna nella destra.
Le insegne dei re comprendevano un manto purpureo, lo scettro e una corona di foglie dorate.
I soldati, allora, per schernire Gesù che si è proclamato re dell’altro mondo, lo adornano con un manto scarlatto (“il sagum” che è il mantello romano), intrecciano una corona di spine con un arbusto spinoso comune in Giudea “il Zizyphus spina Christi“ e gli fanno prendere con la mano destra una canna come scettro.
Anche se un particolare non è narrato nei Vangeli, al Signore tagliano pure i baffi per deriderlo facendogli rimanere solo alcuni peli ai lati della bocca; gli aguzzini presumibilmente gli dissero che un vero re non portava i baffi.
L'alone di sangue localizzabile a sinistra, sopra il labbro superiore in coincidenza sia dell' immagine sindonica che di quella del Volto Santo, provano inconfutabilmente che Gesù non aveva baffi folti; ovverosia, li aveva avuti prima della cattura, ma poi gli erano stati tagliati. La linea orizzontale di sangue che è un taglio, visibile dalla sovrapposizione Sindone-Volto Santo al lato della bocca a destra, corroborano questa tesi (vedere la figura qui sotto).
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Alcune importanti notizie pervenuteci dai Santi
Nel V secolo, San Vincenzo di Lérins scrisse:
« A Gesù posero sul capo una corona di spine; essa era, in realtà, in forma di pileus, cosicché da ogni lato ricopriva e toccava il suo capo ».
Il pileus era una specie di cuffia romana di peltro che serviva per il lavoro; quindi i rami spinosi erano stati intrecciati a forma di casco, legati da un laccio.
Secondo San Clemente Alessandrino (150-215), gli antichi cristiani, per riverenza alla S.S. Corona di spine del Signore, detestavano vedere sul capo dei pagani la corona di fiori che portavano le così chiamate "persone gentili".
San Beda (672-735), scrisse che i primi ecclesiastici della Chiesa portavano i capelli intrecciati a forma di corona perché questa usanza fu loro tramandata dagli apostoli.
Le percosse
Inginocchiandosi davanti a lui, lo percuotevano dicendo:”Salve, re dei Giudei!”. E sputando su di lui, prendevano la canna e lo colpivano sulla testa.
Isaia; 50, 6:
Presentai il mio dorso ai persecutori, le mie guance a quelli che mi strappavano la barba.
I soldati non hanno nessuna pietà per Gesù. Anzi, lo percuotono a tal punto da rendergli la faccia completamente sfigurata:
gli tirano pugni agli occhi, alla bocca, e schiaffi sulle guance; con una canna colpiscono forte la testa; sia lo zigomo che la guancia destra sono completamente enfiati e il lato piramidale destro del setto nasale presenta una lesione da cui esce molto sangue; violentemente gli strappano anche la barba; dai suoi occhi ora escono lacrime miste a sangue per le ferite riportate nei fori lacrimali.
Dall'alto in basso a sinistra:
freccetta verdina, ferita causata da una canna;
appena sotto, la freccetta blu indica il gonfiore causato dalla percossa;
freccetta rossa, ferita sotto la palpebra;
freccetta marrone, ferita al lato piramidale del naso;
La via dolorosa
Matteo, 27,31: Quando ebbero finito di beffeggiarlo, gli tolsero il manto e lo rivestirono delle sue vesti; quindi lo portarono via per crocifiggerlo.
Giovanni, 19,17: Egli, portando la croce da sé, uscì verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota.
Luca, 23,26-32: Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, gli misero addosso la croce da portare dietro Gesù.
Dopo che il Signore è stato flagellato, malmenato e schernito in presenza della coorte, gli tolgono il "sagum" di color rosso porpora dalle spalle, la corona di spine dalla testa, e la canna, con cui lo hanno percosso, dalla mano; lo rivestono dunque con la veste bianca che Erode gli aveva messo addosso per schernirlo, e lo portano via per crocifiggerlo.
I tre evangelisti sinottici, Marco, Matteo e Luca, ci parlano sinteticamente della via crucis di Gesù allo stesso modo di come faranno poi per raccontare della sua sepoltura. Giovanni, invece, che è il testimone oculare sia degli avvenimenti che accadono lungo la via dolorosa, sia di quelli che accadranno dentro al sepolcro, ci riferisce che per la crocifissione romana il condannato porta con sé lo strumento della morte, cioè “il patibulum” che è una trave trasportata a spalle, avente al centro un largo incavo che serve per essere incastrato sulla parte alta di un palo, alto circa 180 cm, chiamato “stipes crucis”.
Gesù non ce la fa più a portare il patibolo, è sfinito, cade diverse volte; i soldati, allora, incaricano un certo Simone di Cirene a portare il pesante legno fino al luogo della crocifissione, detto Cranio.
Segni d’amore= LaSindone
guida/sindone2520II_file/image003.
nt/vangeli/sindone/crocifis.htm
LA CROCIFISSIONE NEGLI SPETTACOLI LATINI:
IL GRAFFITO DELLA TABERNA DI POZZUOLI
IL GRAFFITO DELLA TABERNA DI POZZUOLI
Forse questo graffito del I secolo ci suggerisce che la croce romana fosse a forma di T, e che l’inchiodatura avvenisse ai polsi. Probabilmente la testa della persona era al di sopra rispetto alla parte alta della croce perché altrimenti una forte testata della nuca alla trave avrebbe procurato la perdita dei sensi del condannato che invece doveva soffrire rimanendo sempre cosciente.
Al centro dello "stipes" i romani usavano sistemare con i chiodi tipo un sedile "sedecula" per far meglio sostenere il peso del corpo sulla croce. Quindi il "Titulum Crucis" veniva presumibilmente inchiodato al patibulum solo dopo che il condannato era quasi in fin di vita o addirittura morto.
Foto del Volto Santo di Manoppello illuminato da dietro: ferite, contusioni ed ematomi per le percosse subite dai carnefici e per le cadute nel trasportare il "patibulum".
Matteo, 27,33-36: Giunti al luogo chiamato Golgota, che vuol dire luogo del cranio, gli diedero da bere vino misto a fiele. Gustatolo, non volle bere. Quando l’ebbero crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte e, seduti là, gli facevano la guardia.
Giovanni, 19, 19-22: Pilato aveva scritto anche un cartello e l’aveva posto sopra la croce. Vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero questo cartello, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città ed era scritto in ebraico, in latino, in greco. I sacerdoti-capi dei Giudei dissero allora a Pilato: “Non lasciare scritto: “Il re dei Giudei” ma scrivi: "Costui disse: sono il re dei Giudei”. Rispose Pilato: “Ciò che ho scritto, ho scritto”.
Nel I secolo d.C, la condanna in croce era molto diffusa nell’impero romano. Lo storico Giuseppe Flavio (Gerusaleme, 37 circa – Roma, 100 circa) scrisse che addirittura mancava lo spazio per le croci e anche il legno per fabbricarle. In un passo delle Antichità giudaiche egli riportò anche queste notizie:
... quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d'altre meraviglie riguardo a lui. (Ant. XVIII, 63-64).
Nel luogo chiamato Golgota, Gesù viene spogliato delle sue vesti e della candida tunica che Erode gli aveva messo addosso prima di rimandarlo a Pilato: rimane solo con un panno attorno ai fianchi chiamato “subligaculum”; viene disteso a terra con il patibulum che gli è sotto le braccia stese e i carnefici, allora, usano due lunghi chiodi per conficcarglieli ai polsi nello spazio di Destrot; il corpo viene issato fino a che il largo incavo del patibulum non va ad incastrarsi alla parte alta e scartata ai lati dello stipes (da qui i detti in latino “patibulo suffixus” e “crudeliter in crucem erigitur”); per ultimo, a Gesù gli accavallano il piede sinistro a quello destro inchiodandoli insieme.
Segni d'amore = La Sindone
La sindone di Torino - Scienza e Sindone
La morte di Gesù
Giovanni, 19,25-27:
Vicino alla croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria Maddalena. Gesù, dunque, vista la madre e presso di lei il discepolo che amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Quindi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo la prese in casa sua.
L’agonia in croce di Gesù dura meno di tre ore. Alle 15 circa, con il cuore che gli si sta ormai spaccando, egli esclama a gran voce: “Eloì, Eloì, lamà sabactanì “ che si traduce “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”; poi per la sete chiede da bere e, pronunciando queste parole: “Tutto è compiuto”, muore.
Uno dei soldati che si trova sotto la croce, vedendo allora Gesù immobile, irrigidito e con il capo chinato, si accerta della sua morte trafiggendogli il cuore con una lancia: dalla ferita intercostale destra fuoriesce sangue post-mortem ed acqua.
Dopo ciò, Giuseppe d’Arimatea, che è discepolo del Salvatore, si reca da Pilato per ricevere l’autorizzazione a togliere il corpo dalla croce e quindi concedergli una degna sepoltura giudaica. Pilato acconsente. E Giuseppe, allora, calato Gesù dalla croce, prende un sudario di lino e gli asciuga il volto e la nuca dal sangue e lo ripiega conservandolo con sé (per la legge giudaica, nessuna goccia ematica di un condannato a morte poteva cadere ed essere assorbito dal suolo); poi gli pone sul capo un finissimo e prezioso bisso marino e, avvolto il corpo con una sindone assieme agli aromi e alle bende, lo depone in un sepolcro scavato nella roccia.
/nt/vangeli/sindone/crocifis.htm
Ricostruzione per immagine della penetrazione della lancia che, attraverso il quinto spazio intercostale destro, arriva a colpire il cuore di Gesù.
Colatura di sangue trasversale causata da un secondo travaso di sangue fuoruscito dalla ferita da punta e taglio del costato.
Questo sangue si è raccolto prima sotto il gomito destro. Di qui, dividendosi in due rigagnoli, ha attraversato tutta la regione lombare verso il gomito sinistro, ove si è raccolto in altra ampia chiazza. Il percorso di questo sangue cadaverico mostra infatti i movimenti di lateralità impressi alla salma durante la preparazione per la sepoltura.
Il colpo è stato inferto a un cadavere, poichè i caratteri della colatura indicano l'avvenuta separazione della parte cellulare dalla componente seriosa. Il problema è quello di accertare la sede all'interno del torace in cui la raccolta ematica potè formarsi e separarsi nelle sue componenti. L'ipotesi più verosimile è che durante la Passione si sia verificato un emotorace, vale a dire il versamento di sangue nel cavo pleurico destro. Il colpo di lancia, determinata una ferita trapassante della parte toracica, non avrebbe fatto altro che liberare all'esterno il sangue sedimentatosi con la componente cellulare in basso a quella seriosa in alto, dopo il decesso.
- Ricostruzione di come la Sindone fu fatta passare sopra la testa di Gegù, per poi essere avvolto con le bende. Prima di questo, però, sul viso fu posto un telo di bisso marino le cui tracce delle pieghe sono localizzabili nell'immagine della S. Sindone.
Tomba ebraica risalente al I secolo d.C.
La risurrezione di Gesù
Giovanni, 20,1-9:
Il primo giorno della settimana Maria Maddalena si recò di buon mattino al sepolcro, mentre era ancora buio, e vide la pietra rimossa dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e l'altro discepolo che Gesù amava e disse loro: "Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l'abbiano posto". Partì dunque Pietro e anche l'altro discepolo e si avviarono verso il sepolcro. Correvano ambedue insieme, ma l'altro discepolo precedette Pietro nella corsa e arrivò primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende che giacevano distese; tuttavia non entrò. Arrivò poi anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro; vide le bende che giacevano distese e il sudario che era sopra il capo; esso non stava assieme alle bende, ma a parte, ripiegato in un angolo. Allora entrò anche l'altro discepolo che era arrivato per primo al sepolcro, vide e credette. Non avevano infatti ancora capito la Srittura: che egli doveva risuscitare dai morti.
Isaia,52, 14-15:
Gv. 1.16: Della sua pienezza infatti noi tutti ricevemmo e grazia su grazia;
poiché la legge fu data per mezzo di Mosé,
la grazia e la verità divennero realtà
per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l'ha visto mai.
L'Unigenito Dio, che è nel seno del Padre,
egli lo ha rivelato.
Col 1,15: Egli è l'immagine del Dio invisibile, Primogenito di tutta la creazione;
Lc. 11, 33-36 «Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce. La lucerna del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore».
Gv. 6, 40: Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciti nell'ultimo giorno.
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