"In quel tempo che molta gente va
a vedere quell'immagine benedetta,
la quale Jesù Cristo
lasciò a noi per esempio
de la sua bellissima figura".
(Dante, Vita Nova XL,1)
Parziale trasparenza del Volto Santo di Manoppello con visione dell'immagine all'ombra di una mano che è stata mostrata dietro il telo.
Dopo aver dimostrato con prove scientifiche che la Sacra Sindone di Torino e il Volto Santo di Manoppello riguardano un’unica persona che è il Cristo, in questa pubblicazione cerco di servirmi di alcune fonti per avvalorare la loro presenza nella storia.
Le prime raffigurazioni di Gesù con i capelli lunghi e la barba risalgono al IV secolo, e cioè dopo che Sant’Elena, nel 323, si reca a Gerusalemme per scoprire i luoghi santi e trovare le reliquie di Gesù. Lo storico Pseudo Cipriano (secolo III-IV) fa cenno agli Atti di San Giovanni in cui Gesù dice: “Mi vedrete come si può vedere uno riflesso nell’acqua o in uno specchio” (secondo i miei studi, l’immagine della Sacra Sindone si è impressa proprio in maniera riflessa perché proiettata da una luce metafisica che fu quella di Cristo). Nel Vangelo degli Ebrei andato perduto, ma la cui testimonianza è arrivata a noi attraverso gli scritti di alcuni Padri della Chiesa del IV secolo, si parla che il Signore, dopo la resurrezione, consegna il suo sudario al servo del sacerdote, va incontro a Giacomo e gli appare. Sempre nel IV secolo, i santi Ilario e Ambrogio, ritengono che l’oggetto strano visto in estasi da Pietro, paragonabile ad una grande tovaglia (atti, 10,11) sia in realtà la sindone che ha avvolto il corpo morto di Gesù; forse la loro convinzione è dovuta a questa spiegazione:
L’apostolo Pietro vede nel cielo aperto una grande tela immonda che viene calata verso terra per i quattro capi.
Poiché la visione è mistica, è facile intuire che chi tiene per i quattro capi l’oggetto sono gli angeli, i quali, nel nuovo testamento annunziano sempre la figura di Gesù. Ipotizzando, allora, che la tovaglia sia la sindone sepolcrale citata nei Vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca, sappiamo che la stoffa ha toccato un cadavere, per cui anche Pietro, attenendosi alla legge di Mosé, la considera impura. Ma ecco che una voce gli ripete per tre volte, che ciò che Dio ha purificato, egli non può chiamarlo impuro.
Dalle fonti storiche del IV secolo, dunque, si ha la sensazione che i panni sepolcrali ritenuti di Cristo fossero già conosciuti.
Nel V secolo, la composizione “Sermo in vigilia Paschae” di San Massimo, rivela che sono i lini sepolcrali a convincere Pietro della resurrezione del Signore.
La prima volta che si parla della parola “acheiropoietos” (per indicare un’ immagine non realizzata da mani d’uomo) risale all’anno 574. Lo storico Giorgio Cedreno parla che l’acheropita immagine di Cristo Gesù è giunta a Costantinopoli da Camulia (Cappadocia) insieme ai venerabili legni della croce, arrivati invece dalla città di Apameia della seconda Siria. Come scrive Teofilatto Simokatta, la così chiamata “camuliana” è fatta con arte (episteme) divina, “non tessuta e non dipinta”. Durante la campagna dell’imperatore Eraclio contro i Persiani, il poeta Giorgio Pisides dedica questi versi alla reliquia:
“Prese la figura divina e venerabile,
l’immagine della scrittura non scritta,
che non fu delineata da mani umane,
ma che fu fatta dal logos secondo la sua arte-
generato senza seme dell’uomo-
dal logos che forma l’universo…."
Prosegue parlando dell’imperatore:
" Fidandoti di questo archetipo
che Dio ha delineato, hai messo in atto
l’opera delle battaglie”.
In un’altra poesia propria, lo stesso poeta scrive:
“Come non avendo inizio, non fu prodotta da arte,
come ineffabile, fu dipinta senza pennello”.
A parer mio, questa fonte storica così dettagliata nei particolari certifica che il Volto Santo sia la reliquia più importante della cristianità, perché anche se a prima vista la figura può sembrare una pittura, la sua perfetta diapositività, il fatto che contro luce non sia più visibile perché i colori non fanno corpo sul telo, la sua natura olografica, smontano inconfutabilmente questa ipotesi.
Nel 594, Evagrio lo Scolastico, riferisce che ad Edessa (Turchia) la città è stata liberata nell’anno 544 per la presenza di un’immagine di Gesù non realizzata dalle mani dell’uomo e denominata “Mandylion”.
Nel VI secolo, Severo, arcivescovo di Antiochia, parla che i lini sepolcrali di Cristo sono “prova manifesta” della resurrezione di Gesù.
Papa Stefano III (752-757) descrive che l’immagine del volto e dell’intero corpo di Cristo sono stati misteriosamente trasferiti sul lenzuolo.
Il Concilio Niceno II (Sessione VII, 13 ottobre 787) afferma a proposito delle immagini sacre relative a Gesù:
"Quando più frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali “prototipi” (DS 601)".
Forse è meglio che mi fermi qui, altrimenti per Pasqua non ho più niente da scrivere.
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