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Meeting Rimini 2013. Nel volto di Manoppello i tratti inconfondibili di Cristo
agosto 13, 2013 Daniele Guarneri
Intervista a Raffaella Zardoni, curatrice della mostra dedicata al misterioso velo ritrovato in Abruzzo, al centro di leggende, miracoli e ora di ipotesi storiche coraggiose. Anche Benedetto XVI volle vederlo
«In quel tempo che molta gente va per vedere quella imagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura» (Dante, Vita Nuova)
«Gli uomini hanno perduto un volto, un volto irrecuperabile e tutti vorrebbero essere quel pellegrino che a Roma vede il sudario della Veronica e mormora: “Gesù Cristo, Dio mio, Dio vero, così era dunque la tua faccia?”» (Borges, L’Artefice)
Leggende, fantasie, o pura realtà? Sono vicende intricate quelle legate agli antichi ritratti di Cristo, autorevoli modelli di un viso dai tratti inconfondibili, riconoscibile lungo tutta la storia, in Occidente come in Oriente. Ma da dove nasce l’interesse diffuso per il Volto Santo lungo la storia della Chiesa? Perché cerchiamo il suo volto? E perché non smettiamo di cercarlo dopo averlo trovato? Quale attrattiva suscitano sul cuore dell’uomo i suoi tratti inconfondibili? «Per rispondere a queste domande ci siamo imbattuti in un’intricata storia che attraversa tutti i secoli e i paesi cristiani. È la storia di un ritratto di Cristo, acheropita, cioè non fatto da mani d’uomo, protagonista di innumerevoli racconti, leggende e miracoli. L’obiettivo del percorso è quello di conoscere le storie di questi ritratti con il desiderio di prendere consapevolezza di cosa abbia significato e cosa possa significare per noi questo dono che Cristo stesso ci ha lasciato», spiega Raffaella Zardoni, principale curatrice della mostra “Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo” presente nel padiglione C5 del Meeting di Rimini.
La memoria di un’immagine acheropita è evocata da due racconti significativi: in Oriente, quello del Mandylion, un panno sul quale Gesù avrebbe impresso la sua immagine rispondendo al desiderio di Abgar re di Edessa; in Occidente, quello del velo con cui Veronica avrebbe asciugato il volto di Gesù sulla via del Calvario. Fonti letterarie e storiche ricordano poi un altro ritratto su stoffa, più antico di questi, che riceve il nome dalla città della Cappadocia in cui apparve: Kamoulianai, Camulia. L’immagine, portata a Costantinopoli nel 574, seguirà Giustiniano come labaro nelle campagne d’Africa e Persia e a esso saranno attribuite molte delle vittorie imperiali. Infine, il Volto Santo di Manoppello conservato in un santuario alle pendici della Majella (Abruzzo), un ritratto di Cristo, su velo quasi trasparente, che non sembra riconducibile ad alcuna tecnica di pittura su tessuto (nella foto a destra).
I quattro acheropiti
«Questi sono i quattro acheropiti di Cristo di cui si tratterà nella mostra, tutti su stoffa e tutti che – secondo le fonti – rappresentano il solo volto di Gesù vivo, con gli occhi aperti. Altra caratteristica comune è la misteriosa apparizione, con relativo periodo di grande fama che ne certifica l’esistenza, e la successiva misteriosa scomparsa che rende invece molto complessa e controversa la ricostruzione storica».
«Questi sono i quattro acheropiti di Cristo di cui si tratterà nella mostra, tutti su stoffa e tutti che – secondo le fonti – rappresentano il solo volto di Gesù vivo, con gli occhi aperti. Altra caratteristica comune è la misteriosa apparizione, con relativo periodo di grande fama che ne certifica l’esistenza, e la successiva misteriosa scomparsa che rende invece molto complessa e controversa la ricostruzione storica».
Tre di questi veli sono considerati perduti: la Camulia in una data imprecisata prima delle lotte iconoclaste. Il Mandylion durante il sacco di Costantinopoli del 1204, avvenuto per mano degli stessi cristiani che avrebbero dovuto dirigersi in Terra Santa per la quarta crociata. Della Veronica romana si hanno le prime tracce nel 1206, quando papa Innocenzo III istituì una processione con un ritratto del Salvatore che il popolo chiamava Veronica. Ad essa è attribuita anche la prima indulgenza legata a una immagine; forse anche per questo è diventata la più importante reliquia della cristianità per quattro secoli, la cui visione era termine e coronamento dei pellegrinaggi a Roma. La fama di questo Volto inizia a sbiadire dopo il sacco di Roma del 1527 (anche se un’immagine illeggibile è ancora conservata in San Pietro). «Della Veronica romana si hanno moltissime tracce, Petrarca e Dante ne parlano nei loro capolavori: “Qual è colui che forse di Croazia viene a veder la Veronica nostra, che per l’antica fame non sen sazia, ma dice nel pensier, fin che si mostra: ‘Signor mio Iesù Cristo, Dio verace, or fu sì fatta la sembianza vostra?’” (Dante, Divina Commedia). E se in molti credevano nell’originalità di quel Volto Sacro, non mancavano quelli che invece lo contestavano, come un cavaliere danese che confessò a santa Brigida che quello non era il vero sudario della Veronica e che era follia venerare quel velo. “A queste parole santa Brigida si pose in orazione, nella quale le apparve il suo Celeste Sposo, e le disse: ‘Che ti ha detto quel superbo vantatore? Che questo non è veramente il mio Sudario? Or ti assicuro, che siccome avvicinandosi la mia dolorosa passione versai dal mio corpo sudore di sangue, così è vero che in quel velo si contengono i sudori della mia fronte impressi per la futura consolazione degli uomini’” (Santa Brigida, Rivelazioni).
L’ipotesi rivoluzionariaDopo secoli di silenzio e misteri legati alla reliquia romana, nel 1999 il padre gesuita Heinrich Pfeiffer azzarda un’ipotesi rivoluzionaria, ripresa da tutti gli organi di informazione italiani e internazionali: «È in Abruzzo, nella chiesa monastero dei frati cappuccini di Manoppello, dimenticata da quattrocento anni, la Veronica, il velo con impresso il volto di Gesù», racconta un servizio del Tg1. È questo il solo velo che possediamo, giunto nella cittadina abruzzese agli inizi del 1500 e visitato da Benedetto XVI all’inizio del suo Pontificato (1 settembre 2006).
«L’idea della mostra è nata proprio quando ho scoperto questo Volto, nel 2010. Io sono una disegnatrice, in quel periodo stavo illustrando un Vangelo per ragazzi e avevo il problema di come raffigurare il Signore. Quando mi sono imbattuta nel Volto di Manoppello sono rimasta stupefatta. Nessuna fotografia rende la consolante bellezza di quel viso che rispetta ogni caratteristica dei volti di Cristo, ma resta imparagonabile a qualsiasi ritratto. Porta i segni della Passione: il naso disassato, le labbra gonfie e insanguinate, il segno del colpo sulla guancia. Incontrando il suo sguardo si sperimenta cosa significa che Dio si fa specchio dell’uomo, assumendo su di sé tutti i suoi peccati; mentre l’uomo, nell’incontro, riguadagna la vita. È stata una sorpresa scoprire l’importanza che ha avuto il Volto di Cristo nella Chiesa, e che ciò che muoveva i pellegrini verso Roma era proprio il desiderio di vederlo, di contemplarlo. E una volta tornati a casa ne facevano una copia per farlo conoscere e poi venerare a tutta la popolazione, di generazione in generazione. Nella mostra abbiamo desiderato far conoscere questa storia e il movimento di tutta l’Europa verso il Volto di Cristo. Ne abbiamo trovato traccia perfino in Finlandia. Ci siamo concentrati non tanto sul particolare momento in cui Dio ci ha donato la reliquia, quanto sul perché ci è stato fatto questo dono. Le risposte sono tante e Gesù le ha seminate nel corso del tempo. Ma una più di tutte ha riacceso la mia speranza, quella data a santa Brigida: “Ho lasciato questo velo per la futura consolazione degli uomini”. È una storia affascinante, complicata; sembra quasi un giallo, i romanzi di Dan Brown in confronto non sono niente. La Camulia persa prima delle lotte iconoclaste, il Mandylion trafugato da Costantinopoli durante lo scisma, la Veronica dispersa durante il sacco di Roma e di cui per secoli non si è più saputo nulla. Fino ai giorni nostri, fino al Volto ritrovato di Manoppello, proprio in un momento dove sembra che l’Europa abbia perso l’amore per Cristo. Ma se Gesù è riuscito a farsi amare già una volta, e le tracce del Volto Santo in tutto il mondo lo dimostrano, perché non dovrebbe riuscirci ancora? Questo ritrovamento non può che essere per noi un segno di speranza».
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LA MOSTRA E LA VISITA A MANOPPELLO
La mostra “Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo” è stata realizzata da Raffaella Zardoni, Paul Badde, Emanuele Colombo, Michele Colombo, Paolo Martinelli, Paola Moretti, Cristina Terzaghi, e nella settimana del Meeting (18-24 agosto) si troverà nel padiglione C5 della Fiera di Rimini. Giovedì 22 agosto è prevista una visita in giornata a Manoppello.
La mostra “Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo” è stata realizzata da Raffaella Zardoni, Paul Badde, Emanuele Colombo, Michele Colombo, Paolo Martinelli, Paola Moretti, Cristina Terzaghi, e nella settimana del Meeting (18-24 agosto) si troverà nel padiglione C5 della Fiera di Rimini. Giovedì 22 agosto è prevista una visita in giornata a Manoppello.
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