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MISERICORDIAE VULTUM IN AETERNUM ADOREMUS

MISERICORDIAE VULTUM IN AETERNUM ADOREMUS

.."[O Dio] continua ad effondere su di noi il tuo Santo Spirito, affinché non ci stanchiamo di rivolgere con fiducia lo sguardo a colui che abbiamo trafitto: il tuo Figlio fatto uomo, Volto splendente della tua infinita misericordia, rifugio sicuro per tutti noi peccatori bisognosi di perdono e di pace nella verità che libera e salva. Egli è la porta attraverso la quale veniamo a te, sorgente inesauribile di consolazione per tutti, bellezza che non conosce tramonto, gioia perfetta nella vita senza fine .."
(PAPA FRANCESCO)




Fotomontaggio realizzato da Antonio Teseo
LA DIAPOSITIVITA' NEL SUDARIO DI CRISTO DEL SANTO VOLTO DI MANOPPELLO

La diapositività nel Volto Santo di Manoppello

La diapositività nel Volto Santo di Manoppello
LE PIEGHE DEL S.S. SUDARIO DI CRISTO DEL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO RINTRACCIABILI NELL'IMMAGINE DELLA S. SINDONE DI TORINO.
SOVRAPPONENDO AL COMPUTER LA FIG. 1 DELLA S. SINDONE ALLA FIG. 3 DEL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO, MEDIANTE L'UTILIZZO DI UN FILTRAGGIO IN GRAFICA DI RAFFORZAMENTO DI CONTRASTO VIENE ALLA LUCE IL VOLTO CRUENTO DELLA PASSIONE DEL REDENTORE "FIG. 2". NEL VOLTO TRASFIGURATO DELLA FIG. 3, RITROVIAMO LE TRACCE EMATICHE APPENA PERCEPIBILI PERCHE' SI ERANO ASCIUGATE SUL VOLTO DEL RISORTO. ESSE SI PRESENTANO ANCHE EVANESCENTI, COME MACCHIE IMPRESSE SUL SUDARIO, PER LA SOVRAPPOSIZIONE ALLE STESSE DELLA LUCE DEL PADRE PROVENIENTE DALLA DIREZIONE IN CUI GUARDANO I MIRABILI OCCHI DEL SALVATORE.

Le pieghe del S.S Sudario di Cristo del Volto Santo di Manoppello rintracciabili nella S. Sindone

Le pieghe del S.S Sudario di Cristo del Volto Santo di Manoppello rintracciabili nella S. Sindone
IL VOLTO CHE HA SEGNATO LA STORIA

Lavoro realizzato in grafica da Antonio Teseo da vedere
con gli occhialini rosso-ciano.
L'animazione si è resa necessaria aggiungerla perché per me rivela i caratteri somatici di un uomo ebreo vissuto poco più
di 2000 anni fa.

L'IMMAGINE CHE HA SEGNATO LA STORIA

Il Miserere del celebre maestro Giustino Zappacosta (n. 1866 - m. 1945) che si canta ogni Venerdì Santo in processione a Manoppello

Giustino Zappacosta è ritenuto uno dei più grandi compositori abruzzesi vissuti a cavallo della seconda metà dell'800 e la prima metà del 900. Allievo del professore e direttore d'orchestra Camillo De Nardis nel conservatorio a Napoli, il compositore di Manoppello divenne maestro di Cappella del duomo di Chieti e insegnante nella badia di Montecassino dove gli successe il maestro Lorenzo Perosi. Nella ricorrenza del IV centenario dalla venuta del S.S. Sudario di Cristo del Volto Santo a Manoppello (1908), il sullodato professor Zappacosta, in arte G. Zameis, diresse il Coro della Cappella del Volto Santo composto dalle voci maschili addirittura di cinquanta elementi.
Tra le più belle opere del musicista ricordiamo:
Musiche sacre - il Miserere, che tradizionalmente si canta a Manoppello durante la processione del Venerdì Santo e che sentiamo nel video; Inno al Volto Santo, melodia che si esegue durante le feste in onore del Sacro Velo al termine della Santa Messa; Vespro festivo a tre voci, dedicato al maestro Camillo de Nardis; Te Deum; Missa Pastoralis "Dona nobis pacem" per coro a due voci e organo; Novena a S. Luigi Gonzaga, a 2 voci con accompagnamento d'organo o armonio.
Romanze - Spes, Ultima Dea; Quando!; Occhi azzurri e chioma d'oro; Vorrei; Tutta gioia; Polka - Un ricordo abruzzese, romanza dedicata alla sig.na Annina de Nardis, figlia del suo maestro Camillo de Nardis; Una giornata di baldoria - composizione di 5 danze: Nel viale - marcia; In giardino - mazurka; Fra le rose - polka; Sotto i ciclamini - valzer; Sul prato - dancing.

Il celebre compositore abruzzese, Francesco Paolo Tosti, oltre ad elogiare le grandi virtù di G. Zappacosta come compositore, lo definiva anche un eccellente organista e un virtuoso pianista. Nel libro intitolato "Immagini e fatti dell'Arte Musicale in Abruzzo" il maestro Antonio Piovano descrive le alte doti musicali del musicista di Manoppello a pag. 85.




L'ora in Manoppello:
METEO DAL SATELLITE

A sinistra, visione diurna in Europa; a destra, visione all'infrarosso.
Sotto, Radar, con proiezione della pioggia stimata: visione Europa e visione Italia.
Nel vedere l'animazione delle foto scattate dal satellite ogni 15 minuti, aggiungere 1 ora con l'ora solare e 2
ore con quella legale all'orario UTC.
Premendo F5, si può aggiornare la sequenza delle immagini, dopo che magari è trascorso del tempo.




www.libreriadelsanto.it
CONTEMPLAZIONE DEL S.S. SUDARIO DI CRISTO CON IMPRESSO IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO.
NELL'ULTIMA SCENA DEL VIDEO TROVIAMO IL SUDARIO CON IL COLORE VIRTUALE DEL BISSO DI LINO GREZZO CHE NELLA TOMBA AVREBBE RICOPERTO IL VOLTO DI GESU' DOPO LA SUA MORTE. SECONDO UNA MIA ACCURATA RICERCA, LE MISURE ORIGINALI DEL TELO DI MANOPPELLO, PRIMA ANCORA CHE FOSSE RITAGLIATO NEL XVII SECOLO, ERANO ESATTAMENTE DI 2 CUBITI REALI X 2 (MISURA STANDARD UTILIZZATA DAGLI EBREI ALL'EPOCA DI GESU' PER DETERMINARE LA GRANDEZZA DEL SUDARIO SEPOLCRALE CHE VENIVA USATO PER ORNARE SOLO DEFUNTI RE O SACERDOTI).
NEL GIORNO DELLA SANTA PASQUA DEL SIGNORE, SUL VELO SAREBBERO APPARSE OLOGRAFICAMENTE IN SEQUENZA, IN UN SOLO LAMPO DI LUCE, LE IMMAGINI CHE VEDIAMO INVECE SCORRERE LENTAMENTE IN SEI MINUTI DI TEMPO.



CONTEMPLAZIONE DEL SUDARIO DI CRISTO CON IMPRESSO IL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO

IL VOLTO DI CRISTO TRASFIGURATO DALLA LUCE DEL PADRE

Lavoro eseguito in grafica 3D da Antonio Teseo da vedere con gli occhialini colorati rosso/ciano.
L'animazione virtuale del volto è servita per definire al meglio i lineamenti somatici che, come vedete, secondo uno studio antropologico è di una persona ebrea vissuta poco più di 2000 anni fa. Si tratta della sembianza di Gesù, modello per l'iconografia.

sabato 12 dicembre 2009

Il Volto Santo di Manoppello e la plausibilità teologica delle immagini acheropite

Intervento dell'Arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, pronunciato il 25
gennaio 2007 in occasione di un Convegno di Studio sul “Volto Santo”, organizzato dalla Tv nazionale tedesca ZDF presso il Santuario di Manoppello


Vorrei presentare tre brevi riflessioni di carattere teologico. La prima riguarda la plausibilità di un’immagine del Cristo non dipinta da mano d’uomo. Perché la tradizione cristiana ha manifestato tanto interesse alle immagini cosiddette “acheropite”, non dipinte cioè da mano d’uomo? qual è la plausibilità teologica di un simile interesse? La seconda riflessione riguarda l’interpretazione dell’immagine non dipinta e nel caso specifico dell’immagine del Volto Santo presente a Manoppello. La terza tocca le conclusioni di carattere pastorale e spirituale che da queste premesse possono essere tratte, quelle che a me come pastore più direttamente mi interessano.

1. Riguardo alla plausibilità teologica di un’immagine non dipinta da mano d’uomo articolo la mia riflessione in tre punti. Il primo si interroga su quali siano le vie della percezione del divino nel tempo secondo la rivelazione biblica: come l’uomo percepisce Dio nella storia secondo la testimonianza del Primo e del Nuovo Testamento? Due sono le vie fondamentali testimoniate in tutt’e due i Testamenti: l’ascolto e la visione. Dire che il mondo biblico è unicamente il mondo dell’ascolto – data la rilevanza obiettiva dell’invito ad ascoltare contenuto ad esempio nella formula “Shema Israel Adonai Elohenu Adonai Echad” - “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno” (Dt 6,4) - in realtà è una riduzione. Nel mondo biblico l’ascolto ha un’importanza fondamentale perché è centrale la Parola: tuttavia, tanto nel primo come nel nuovo Testamento l’ascolto è inseparabile dalla visione.

Nel Primo Testamento è comune nei testi profetici la coniugazione del verbo ‘vedere’ con termini relativi all’udito (così nei profeti Ezechiele ed Isaia, ad esempio). Il culmine di questa linea lo troviamo rappresentato in Apocalisse 1,12: la scena è grandiosa, il veggente si trova sull’isola di Patmos nel giorno del Signore, in un contesto liturgico, e sente il rumore come di acque che cascano. Si volta allora per “vedere la voce”, come dice testualmente il testo greco: “blèpein tén phonén”. “Blépein” è il verbo che si usa in greco per il ‘guardare insistente e profondo’, uno scrutare, un guardare intensamente. Nell’espressione di Ap 1,12 l’oggetto di questo sguardo intenso, perseverante, penetrante è la voce, “tèn phonén”. La traduzione comune nelle lingue moderne – come ad esempio quella italiana della CEI - è “mi voltai per vedere colui che parlava”. Questa traduzione è assolutamente infelice perché elimina il fatto che la tradizione biblica ci educa a vedere ciò che ascoltiamo. Ecco perché il salmista che ha ascoltato le parole del Signore, vedere il Volto di Dio. C’è come il bisogno continuo di una visione che si coniughi con l’ascolto: tenendo poi conto che in ebraico il termine “panim”, volto, è un termine plurale, con un senso a volte anche duolesi comprende che come l’ascolto, così la visione del Volto di Dio non sarà mai in un certo senso conclusa. Se il Volto è i Volti, allora anche Dio si offre come abisso di Volti da scrutare. Il plurale di “panim” ci dice che la ricerca del Volto sarà continua: dunque la via della percezione del divino nel tempo sarà un continuo ascoltare la parola per continuamente sempre più profondamente vedere il Volto, fino a quella che la Tradizione teologica chiama la visione di Dio nel Suo Volto in eterno.

È dunque legittimo per il credente non solo ascoltare la Parola del Signore, ma cercare anche contemporaneamente la visione del Volto di Dio: quale è la risposta che a questa legittima aspirazione dà il Dio biblico, cioè quale è la struttura dell’autocomunicazione divina nella storia?
Secondo i Concili Niceno II e Costantinopolitano IV, che pongono fine alla crisi dell’Iconoclasmo, della negazione cioè della possibilità e legittimità delle immagini sacre, ci sono due modi in cui Dio soddisfa questa aspirazione ad ascoltare la voce, vedendo la voce. Secondo la formula del Concilio Costantinopolitano IV essi sono il “logos en syllabé” – “il discorso in sillabe”, e la “graphé en kromasi”, “la scrittura nel colore”, nella luce. Ci sono allora due linguaggi del sacro, un linguaggio verbale e un linguaggio visivo e questo per la fede della Chiesa è fondato nel fatto che la vita si è fatta visibile (1 Gv 1,2), che il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14). Se il Verbo si è fatto carne, possiamo essere autorizzati non solo ad ascoltare la Sua Parola, ma anche a voler vedere in qualche
modo il Suo Volto.

Questo significa, ed ecco il terzo punto di questa prima riflessione, che Dio rivela se stesso sempre in una forma circoscritta, sia che si tratti di una parola, circoscrizione di un suono, sia nella forma grafica di una immagine, di una icona, che non a caso si dice “scritta” e non dipinta (donde “iconografia”). Attraverso questa duplice via siamo autorizzati a cercare in forma circoscritta il dirsi di Dio a noi, in parole e in immagini. Ecco perché è plausibile che, come una volta e per sempre il Verbo si è detto nelle parole degli uomini e si è rivelato nella carne nel suo volto storico, così Egli possa manifestarsi agli uomini in una forma non solo verbale, ma anche sacramentale, ed anche, per assoluta gratuità, con un intervento che si manifesti nella forma del visibile. Non mi riferisco qui alla questione delle visioni soggettive, che è quanto mai complessa dal punto di vista teologico e spirituale ed esige un discernimento rigoroso, ma dico che quanto finora ho affermato giustifica perché nella tradizione cristiana ci sia stato sempre un grande desiderio di immagini non dipinte da mano d’uomo: questo desiderio, insomma, non è illegittimo nella tradizione cristiana, perché è Dio che l’ha reso fondato con il fatto che si è fatto visibile e si è fatto uomo.

La conclusione di questo primo punto è modesta, ma è assolutamente importante, perché se dovessimo dire teologicamente che nessuna immagine “Acheropita” può esistere, dovremmo escludere pregiudizialmente un’indagine su questo campo: la conclusione cui siamo giunti è invece che - se Dio ama manifestarsi “in figuris”, sia verbalmente che in visione, non possiamo escludere che Egli ci abbia lasciato delle impronte della Sua manifestazione visibile, che derivano dal Suo rendersi presente nella storia. Naturalmente queste impronte sono tanto più eloquenti quanto più vicine alla fonte: ecco perché nessuna immagine renderà sufficientemente la forza dell’incontro col Verbo nella carne quanto i luoghi santi, dove Gesù ha messo i suoi piedi. Penso alla casa di Pietro a Cafarnao o alla via lungo il perimetro occidentale del tempio, luoghi preziosissimi perché impronte di una Presenza che là è stata.

2. Quale interpretazione dare dell’immagine e in particolare dell’immagine non dipinta da mano d’uomo? Se Dio si dice in parole e si manifesta in una grafia in colori, occorre leggere la grafia come occorre interpretare il logos. Questo fa parte della tradizione ebraico-cristiana. L’Ebraismo e il Cristianesimo sono religioni dell’interpretazione, come non è l’Islam che invece nega per principio l’interpretazione. L’ermeneutica, cioè, la scienza dell’interpretazione, nasce all’interno della tradizione biblica e teologica ebraico-cristiana, perché Dio si è detto ma non si è totalmente risolto nel dirsi: dunque, attraverso ciò che Lui ci ha detto di sé o ci ha dato a vedere di sé, noi dobbiamo andare sempre oltre, scavare negli abissi, camminare verso la profondità. Allora provo a leggere teologicamente l’immagine del volto di Manoppello, dando come possibili alcuni elementi, ovviamente non affermati in maniera assoluta, perché non siamo in un campo in cui la certezza matematica debba essere utilizzata, ma basta la certezza morale. Che cosa ci dice la grafia di questo Volto? A mio avviso ci dice tre aspetti fondamentali.

Il primo è la forte sottolineatura del soggetto storico della nostra fede. Noi non crediamo in un mito, crediamo in una rivelazione storica che è passata attraverso un uomo che noi riconosciamo essere il Figlio di Dio, visibile, palpabile, che è stato toccato, visto, udito, che ha pronunciato parole. Ora questo appare chiarissimo in questo Volto, un Volto d’uomo che sottolinea come il soggetto della rivelazione compiuta è stato il Figlio di Dio nella carne, Gesù. Il secondo aspetto è che questo Gesù si manifesta in questo Volto con le due caratteristiche fondamentali di “passus et glorificatus”. È un Volto che porta in sé le impronte della Passione, ma al tempo stesso è un Volto che irradia luminosità, la vittoria della Luce sulle tenebre: esso, dunque, mentre ci richiama alla storicità della passione, ci richiama anche alla storicità della testimonianza originaria della vittoria sulla morte.
Nel Volto di Manoppello la dimensione del Glorificato è più percepibile che nella Sindone. Nella Sindone si ha molto di più l’idea del “Christus Passus”: a Manoppello si percepisce l’unità paradossale del “Passus et Glorificatus”, che peraltro è un tema di tutta l’iconografia cristiana, in cui Cristo Risorto viene spessissimo rappresentato con le piaghe della Passione. Dunque, siamo di fronte all’unione paradossale di morte e resurrezione. La terza indicazione che l’immagine ci dà è che non solo è il “Passus et Glorificatus” a essere rappresentato, ma anche il “Patiens et Glorificans”. Cioè Colui che noi vediamo in questa immagine è Colui che in un certo modo sta soffrendo, ma sta anche vincendo il dolore, sta comunicandoci la vittoria sul dolore e sulla morte: i participi non sono solo al passato, ma anche al presente. L’esperienza dell’interpretazione di questa immagine non è solo, allora, “in illo tempore”, ma è viva anche “hodie et sempre”: è come se ci fosse una fissazione nell’eternità tanto dell’atto della Passione, quanto dell’atto della Resurrezione.
D’altra parte, nell’Apocalisse l’Agnello immolato in piedi dice esattamente le stesse cose: la fonte biblica più preziosa per leggere questo Volto non è allora soltanto Gv 20,7 (“Arriva Pietro e vede i veli e il sudario…”), ma anche l’Apocalisse con l’immagine dell’Agnello sgozzato, del “Christus Passus et Glorificatus” che è al tempo stesso “Patiens et Glorificans”.

3. È importante indagare la storicità di questa testimonianza, è importante che si incrocino due tipi di metodologie, quella legata alle scienze dello spirito e quella propria delle scienze naturali: occorre ricostruire storicamente come questa immagine si trovi qui per rispondere alle due domande: è questa l’immagine che si trovava a Roma fino agli inizi del ‘500 e che era chiamata la Veronica romana? E, se questa è l’immagine arrivata a Roma nel 705 è la stessa immagine impressa sul “soudarion” di cui parla Giovanni (20,7), presente poi a Camelia in Cappadocia? Riguardo a questi interrogativi gli argomenti possono essere unicamente relativi alla storia della tradizione: tuttavia, ma accanto a questo tipo ci sono le indagini volte ad appurare la consistenza del dato: il telo di fronte a cui siamo di che materiale è fatto? L’affermazione che sia di bisso è un’affermazione molto estremamente, non però a quanto mi consta assolutamente dimostrata. E poi: su questo materiale l’immagine come è stata impressa? Non lo è per tessitura, non lo è per dipinto, è una fotoimpressione?
Queste sono domande per rispondere alle quali i metodi scientifici risultano importanti. Non si può dare per scontato nulla se si fa ricerca in termini rigorosi. Detto tutto questo, però, alcune conclusioni di carattere pastorale-spirituale sono fondamentali.

In primo luogo: se questa immagine deve essere contemplata mai separando la visione e l’ascolto, bisogna fare in modo che la lettura di essa sia accompagnata dalla lettura dei testi biblici, specialmente dell’Apocalisse. Bisognerà lavorare in questa direzione, scrutare l’immagine con l’aiuto che ci viene dalla Parola di Dio. In secondo luogo, occorre imparare a stare di fronte a questa immagine, come ci invitava a fare Papa Benedetto XVI nel Suo discorso durante la visita pellegrinaggio del 1 Settembre 2006, come sotto lo sguardo di misericordia del Signore, facendo cioè l’esperienza del silenzio contemplativo davanti alla Parola. L’immagine di Manoppello può essere un’educazione ad ascoltare il silenzio di Dio, che non è il silenzio del mutismo di chi non parla, ma è il silenzio di chi parla con un linguaggio che non è quello delle parole. Sapersi lasciar guardare, porre sotto lo sguardo della misericordia di Gesù il peccato del mondo e l’attesa dell’umanità e lasciare che il Suo Volto s’imprima in noi, è quello che più conta. A che cosa varrebbe contemplare il Volto, indagarlo nelle forme più diverse, se poi tutto questo non portasse ad una unione più profonda col Cristo. Egli non è venuto per farsi riprodurre come immagine esterna a noi, ma per vivere in noi, come dice Paolo in Galati (2,20): “Non sono io che vivo in Cristo ma è Cristo che vive in me”. Allora il grande frutto spirituale da invocare non è la riproduzione esteriore, ma la ripresentazione in noi di Lui, cioè che Cristo abiti per la fede nei nostri cuori.

E questo è ciò che i Frati Cappuccini si sforzano di fare nel Santuario con il servizio della Parola, della Riconciliazione, dei Sacramenti, ed è questo ciò che a me come Vescovo sta sommamente a cuore. Che la Basilica del Volto Santo sia un luogo di santità, un luogo dove l’immagine di Cristo si inscriva dentro di noi. Tutto è preparazione, aiuto che va offerto con il massimo della serietà scientifica, ma ciò a cui tendere è che avvenga questo incontro, che cioè lo sguardo innamorato con cui il credente si lascia contemplare da Cristo sia veicolo del dono della Sua misericordia. Osservazione e riscontro si muovono allora al confine tra una grande umiltà e un’attenzione molto seria a quelle che sono le ricerche sia di carattere storico sia di carattere scientifico, per aiutare però le conclusioni teologiche-spirituali cui ho accennato, e che sono il vero scopo del pellegrinaggio al
Volto Santo di Manoppello.


Pellegrinaggio del Santo Padre al Volto Santo di Manoppello, 1 settembre 2006:
Il nostro amato Arcivescovo P. Bruno accanto a Benedetto XVI che rivolge il suo saluto ai tantissimi giovani convenuti











Mons. P. Bruno che prega insieme al Santo Padre e al Segretario dello Stato Vaticano S.E. Cardinal Bertone il S.S. Corpo Mistico di nostro Signore custodito nel Tabernacolo e il Santo Volto di Cristo Gesù mite e misericordioso


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